Causa breve vacanza, i commenti saranno messi momentaneamente in moderazione. Quando torno li renderò visibili.
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Segnalo da peacereporter.it:
I manager del mondo
Si conclude oggi a Washington la riunione annuale della Commissione Trilaterale
Dove si parla di una associazione molto discreta e poco pubblicizzata i cui membri decidono come dovremo essere governati.
Peacereporter.it ci dice chi, in Italia, ne ha fatto parte:
“Riportiamo di seguito i nomi più noti dei membri italiani della Trilaterale secondo un elenco aggiornato al 2006 (tra parentesi le loro posizioni all’epoca):
Vittorio Colao (Rcs, ex Vodafone)
Alfonso Iozzo (San Paolo Imi)
Enrico Letta (Eurodeputato)
Luca Cordero di Montezemolo (Confindustria, Fiat)
Alessandro Profumo (Unicredit)
Silvio Scaglia (Fastweb, ex Omnitel)
Luigi Ramponi (Pres.Comm.Difesa C.D., ex vice Capo Stato Maggiore)
Paolo Scaroni (Enel, Eni)
Maurizio Sella (Banca Sella)
Marco Tronchetti Provera (Telecom, Pirelli)
Franco Venturini (Corriere della Sera)
Altre personalità italiane che hanno partecipato a passate riunioni della Trilaterale:
Giovanni e Umberto Agnelli
Romano Prodi (quando era presidente dell’Iri)
Tommaso Padoa Schioppa
Mario Monti “
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Ho spesso scritto che la Rete è il mezzo che ci può salvare dalla malattia dei vecchi media di informazione: la censura. Censura che viene applicata per le più svariate ragioni, ma che nelle democrazie è attuata per preservare il potere di pochi. Conflitti di interesse, poteri economici o politici sono i motori che alimentano il silenzio su alcuni temi e su alcuni fatti. La rete può rompere questo silenzio, anche se l’abbondanza di informazione e l’affidabilità delle fonti sono due problemi che in Rete è fondamentale affrontare.Capite le potenzialità della Rete, il potere non è stato a guardare. Nelle democrazie occidentali si trovano numerose scuse per iniziare e ampliare la censura: la lotta al terrorismo e alla pedopornografia sono i cavalli di troia preferiti per insidiare la libertà di parola. Sono finalità ideali, perché non si possono non condividere, ma molti non sanno i retroscena. Primo: i filtri sono quasi sempre aggirabili e quindi i “cattivi” continueranno a fare i cattivi e voi a non vedere cose che potrebbero interessarvi. Secondo: introdotto il filtro lo si allarga silenziosamente ad altro, che nulla a che fare con l’intento originale. Voi pensate di essere protetti e invece siete tagliati fuori da una discussione scomoda. Con i filtri il danno – la mancanza di libertà – è peggiore del male che si vorrebbe combattere e che di fatto non si combatte. (Alcuni esempi di quello che dico si possono reperire su Punto-Informatico)
Per avere uno sguardo mondiale del problema, segnalo, per chi fosse interessato, un articolo di Schneier:
Una recensione di “Access Denied”, a cura di Ronald Deibert, John Palfrey, Rafal Rohozinski e Jonathan Zittrain, MIT Press: 2008.
[Articolo reperibile in italiano su Communication Valley (pag. 16-18)]
Cito la conclusione dell’articolo:
“Nessuna serie di misure di censura in Internet è perfetta. Spesso è facile trovare le stesse informazioni su URL non censurati, ed è abbastanza semplice aggirare i meccanismi di filtraggio e visitare pagine Web proibite se si sa quel che si sta facendo. Ma molte persone non hanno le capacità informatiche per aggirare i controlli, e in un paese in cui ciò è punibile con il carcere, o peggio, pochi hanno voglia di correre il rischio. Per cui anche quei tentativi di censura permeabile e poco efficace possono rivelarsi molto validi socialmente e politicamente.
Nel 1996 Barlow disse: “State cercando di respingere il virus della libertà costruendo torri di guardia alle frontiere del cyberspazio. Queste potranno tenere a bada il contagio per un certo tempo, ma non avranno effetto in un mondo che presto sarà dominato dai media basati sui bit”.
Parole coraggiose, ma premature. Sicuramente oggi vi sono molte più informazioni accessibili da molte più persone rispetto alla realtà del 1996. Ma Internet è fatta di computer e connessioni fisiche che esistono all’interno di confini nazionali. L’Internet di oggi continua ad avere frontiere e i vari paesi vogliono controllare sempre di più quel che passa attraverso tali frontiere. Nel documentare questo controllo, l’ONI ha fornito un servizio assai prezioso.”
La situazione europea sulla censura in Rete, documentata dall’organismo citato, l’ONI, è consultabile qui.
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Aggiornamento 30/04/2008:
Punto-Informatico:
Censura, gli azionisti di Google dicono no
di Gaia Bottà
Repubblica.it:
Google, consigli agli azionisti “Non votate contro la censura”
Ma la direzione sconsiglia vivamente di votare a favore
di FRANCESCO OGGIANO
Fra tutti i commenti che ho letto sulla disfatta di Rutelli in queste elezioni romane, quello di Peter Gomez esprime bene quello che avrei detto io:
“[…] il problema di Rutelli era quello di essere Rutelli.
La sua faccia, come quella di buona parte dei leader del Partito Democratico, non è più spendibile. E non lo è da un pezzo. La speranza è che Walter Veltroni […] se ne renda finalmente conto. I primi segnali fanno però temere il peggio.
[…] sei anni fa Nanni Moretti diceva: «Con questi dirigenti non vinceremo mai». […] Il responso degli elettori è stato chiarissimo: per ricominciare il centrosinistra deve solo prenderne atto.”
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Anche quest’anno, da varie parti, si è portata avanti la lenta opera di distruzione dell’unica festa nazionale che ha ancora un senso. Si è parlato di riconciliazione (ma fra chi?), di guerra civile (ma come è possibile se eravamo occupati dai nazisti?), delle vittime del comunismo (cosa c’entrano?!) e delle vendette di qualche partigiano vigliacco nei confronti di ex delinquenti fascisti. Di un intero popolo che ricacciava un esercito occupante fuori dai suoi confini non è più di moda parlare. Si sarebbe dovuto parlare di libertà, di partecipazione, di diversità e unità, che non impediscono di agire per il bene di tutti. Troppo difficile. Troppo impegnativo.
E poi Grillo. Fra i grandi gruppi di informazione si è fatto di tutto pur di non parlare del merito dell’iniziativa. C’è chi ha ignorato l’evento, chi ha denigrato l’uomo Grillo, chi ha insultato i partecipanti, chi ha provato a mettergli contro le manifestazioni “classiche” del 25 aprile. Tutte iniziative di scarso successo. Se le cifre saranno confermate nei prossimi giorni sarà la prima volta nella storia repubblicana che si raccolgono le firme per un referendum in un giorno. Se si voleva dare ragione a Grillo, le reazioni dei grandi media sono state adeguate. Se si voleva fare una critica meno becera, era possibile.
Nei prossimi giorni il Governo Silviesco dovrà assumersi la responsabilità di non varare un decreto ad hoc per salvare i referendum di Grillo. Già, perché ad oggi le firme sono inutilizzabili.
Vedremo cosa succederà.
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Dopo ben 12 anni di onorato servizio ho sostituito il software Eudora con Thunderbird. Eudora ha chiuso ogni aggiornamento dal 2006 e ceduto tutto alla fondazione Mozilla che ha aperto i progetti Penelope e Eudora 8. In attesa di avere delle versioni stabili da provare ho compiuto il grande passo. Per ora non ho avuto difficoltà, se non abituarmi ai nuovi menù e funzionalità.
Cori di chissenefrega saranno tollerati nei commenti. :-)
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Il 25 aprile l’Italia si è liberata dall’occupazione nazista e dal fascismo. Si è liberata grazie ai Partigiani. Partigiani erano la maggior parte degli italiani: ricchi e poveri, monarchici e repubblicani, democristiani e comunisti, cattolici e atei, contadini ed operai, impiegati e intellettuali. Tutti hanno dato un mano per liberare l’Italia. Tutti hanno dato il loro contributo, successivamente, alla stesura della nostra Costituzione e alla formazione del nostro ordinamento democratico. Non ci fu nessuna guerra civile.
Questi fatti vanno ricordati e non vanno dimenticati. Nessuno vuole negare i lati oscuri della Resistenza, le vendette, gli interessi personali, i combattimenti con i fascisti nostrani. Ma questi fatti non costituiscono il dato storico più importante, sono marginali. La liberazione dal nazismo e la nascita della democrazia è il messaggio che il 25 aprile lascia alla storia e che viene ricordato ogni anno. E’ una data di tutti e per tutti, chi si esclude nega l’evento fondante della nostra Repubblica.
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Durante le elezioni ci siamo accorti che il coraggioso programma della lista PBC trovava in alcuni interlocutori delle singolari resistenze che riassumiamo in atteggiamenti:
1) sarebbe bello, ma non è possibile. Non è possibile perché non avete speranza di prendere i voti necessari; non è possibile perché queste idee innovative possono passare solo attraverso gli attuali partiti; non è possibile perché la gente è pigra e non vuole cambiare.
2) non va poi così male. Mettiamo in questa categoria quelli che negano l’attuale situazione, che in determinati campi è decisamente allarmante: se Silvio è dove è, non è possible che sia stato condannato per qualche reato; se gli inceneritori li hanno fatti, non è possibile che facciano male.
3) E’ tutto un magna magna. La politica è una cosa sporca e facendola ci si sporca.
1) essere precisi e chiari. L’ambiguità o la poca chiarezza impedisco di capire ciò di cui si sta parlando e fa alzare subito le difese. Circoscrivere l’argomento di discussione, evitare di divagare, essere brevi, sono cose essenziali per essere ascoltati. Da evitare come la peste la trappola delle provocazione.
2) mettere l’accento sui vantaggi della proposta e non sul perché è necessaria. Che il mondo non sia il migliore dei mondi possibili, e ciò vi ha fatto venire idee nuove per cambiarlo, non interessa molto al vostro interlocutore. Perlomeno non al “primo appuntamento”. :-) Illustrare tutti i vantaggi che la vostra nuova proposta potrebbe portare, vi farà guadagnare attenzione e ascolto da parte del vostro pubblico.
3) parla con i tuoi vicini. Proporre una idea politica a chi conosci è più facile che proporla a chi non conosci. Se sarete convincenti la catena di contatti potrebbe continuare.
4) Essere diversi è bello. Essere troppo diversi potrebbe esserlo meno. Noi uomini siamo animali sociali e stare in bel gruppo numeroso ci fa molto piacere. Chi parte da zero, senza nessun appoggio, come la lista PBC, parte svantaggiato. Bisogna essere pazienti. Evidenziare esperienze positive di crescita può diminuire la paura di far parte di una élite di svitati.
5) le critiche e le contraddizioni vanno prese per quel che sono e affrontate alla luce del sole. I vostri antagonisti politici non vedranno l’ora di amplificare ogni pagliuzza nei vostri occhi per delegittimare tutto quello che dite e fate. Essere coscienti dei limiti della vostra proposta è una risorsa per rispondere adeguatamente a queste obiezioni. Se poi potete presentare un metodo per risolverle (incontri pubblici, riunioni, conferenze, blog o che altro) siete degli eroi. :-)
Commenti e ulteriori riflessioni sono ben accetti.
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Luciano Violante è stato in Afghanistan su invito del Parlamento afghano e scrive su La Stampa un breve resoconto della visita.
Ma Peacereporter non condivide alcune descrizioni “bucoliche” del nostro parlamentare uscente e lo intervista:
“Intervista a Luciano Violante, dopo il suo viaggio in Afghanistan
di Enrico Piovesana
[…]L’ex magistrato ed ex presidente della Camera, esponente di spicco dei Ds e oggi del Pd (non ricandidatosi alle ultime elezioni), scrive: “In Afghanistan, noi italiani garantiamo sicurezza, distribuiamo viveri e attrezzature, curiamo le persone, i nostri veterinari curano le bestie ammalate (…). Noi non abbiamo bombardato. (…) Forse è così che si esporta la democrazia”.
O forse no. Soprattutto se queste attività umanitarie militari – tutt’altro che disinteressate, in quanto usate come ‘armi psicologiche’ per ottenere la collaborazione della popolazione locale – si accompagnano a operazioni belliche, non solo difensive, cui le forze italiane partecipano da oltre un anno e mezzo. Con gli inevitabili ‘danni collaterali’ che ne conseguono.
[…]
Domanda: Certo, ma scrivere considerazioni generali sulla nostra missione militare senza parlare dei nostri soldati impegnati a fare la guerra non le pare scorretto?
LV: Noi non siamo in Afghanistan per fare la guerra. […]”
E nega l’evidenza per tre volte, anche quando il giornalista cita fatti circostanziati. Io credo a Luciano Violante. Lui non ha visto nulla e non sa nulla perché non ha chiesto nulla. La domanda giusta sarebbe stata: “Lei ha chiesto informazioni su alcuni fatti riportati dal nostro sito?”
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Era il 2002, ma i concetti sono ancora validi.
“Intervista a Noam Chomsky
Un caso chiave di controllo del pensiero – Deterring democracy in Italy
Noam Chomsky, intervistato da Domenico Pacitti, dice che le accuse a Silvio Berlusconi sono banali in confronto a quanto accade negli Stati Uniti e spiega che l’Italia è stata l’obiettivo principale degli sforzi Usa per sabotare la democrazia fin dalla Seconda Guerra Mondiale. Chomsky suggerisce come via da seguire le proteste organizzate a livello internazionale. Questa intervista è stata realizzata telefonicamente da Roma mentre il professor Chomsky si trovava nella sua casa nel Massachusetts, subito dopo le elezioni politiche italiane. Viene pubblicata da terrelibere per la prima volta.
di Domenico Pacitti”
Dove si sostiene che se l’astensione è alta, non è un bel segnale, che i guai giudiziari di Silvio sono ben poca cosa (!), che la P2 funziona benissimo, e che la cosa più sovversiva che potete fare è partecipare alla vita politica del vostro paese.
Mia riflessione: lo strumento Rete, da questo punto di vista, è la criptonite di ogni oligarchia e l’organizzazione di liste civiche, democratiche e nate dal basso, sono pericolosissime. Per gli oligarchi.