Autore: Paolo Ferri
Titolo: La scuola 2.0 – Verso una didattica aumentata dalle tecnologie.
Editore: Spaggiari
Altro: p. 301, I ed. sett 2013, ISBN 9788898195084, 39€
Voto: 6/10
Ho letto questo libro per una necessità nata all’interno di Recsando, un’associazione di volontariato di S. Donato Milanese di cui faccio parte. Vorremmo creare un momento di riflessione attorno alle nuove tecnologie in relazione all’insegnamento. Un nostro simpatizzane ha portato alla nostra attenzione questo libro e io mi sono incaricato di leggerlo e di farne una breve relazione.
Eccola.
E’ da tenere presente che il testo è molto tecnico e mirato al mondo dell’insegnamento. Non è divulgativo, insomma. E’ scritto da Paolo Ferri che è Professore Associato di Teoria e tecnica dei Nuovi Media Tecnologie all’Università Milano Bicocca.
L’ipotesi di lavoro di Ferri è che esistano i nativi digitali, che abbiano peculiarità loro e che le tecnologia digitali non siano neutre nel mondo dell’insegnamento.
I nativi digitali puri sono quelli nati dopo il 1996, anno dell’introduzione del web nella nostra vita quotidiana. I nativi digitali sono sempre stati immersi in apparati tecnologici, spesso in rete, come PC e cellulari e ora smartphone e tablet e molto altro. Li sanno usare bene, con semplicità e naturalezza. Usano la tecnologia tutti i giorni senza sentirla estranea al proprio mondo e al proprio modo di fare. Le tecnologie che mettono in rete questi apparati hanno anche un impatto sociale/psicologico in queste giovani menti. Per Ferri queste sono le caratteristiche che i nativi digitali possiedono (p. 119):
“Gioco, simulazione, performance, appropriazione multitasking, conoscenza distributiva, intelligenza collettiva, giudizio critico, navigazione transmediale, networking, negoziazione: questi sono i temi tratti tipici delle nuove forme di comunicazione sviluppate dai bambini e dai preadolescenti del nuovo millennio.”
Questo fatto, unito al fatto che le tecnologie consentono oggi di organizzare in modo completamente diverso il sapere e la sua fruizione, porta a ripensare in modo diverso anche l’insegnamento.
Il volume prende in esame molti aspetti tecnici:
1) come valutare i diversi software/sistemi digitali utili all’insegnamento
2) come organizzare fisicamente la classe
3) come organizzare l’insegnamento
4) considerazioni teoriche ed epistemologiche
Qui accenniamo ad alcuni aspetti principali trattati nel saggio.
Penso che il perno centrale di tutto sia il concetto di costruttivismo pedagogico per quanto riguarda l’aspetto teorico e la flipped classroom (classe ribaltata) per quanto riguarda l’aspetto più pratico dell’insegnamento.
Il costruttivismo pedagogico non è una cosa recente. Ferri ci (mi) informa che nacque con la Montessori ed è basato sul concetto di learning by doing, cioè imparare facendo. L’insegnante non dà tutte le informazioni e le nozioni agli alunni sugli argomenti che dovranno essere trattati. Agli alunni viene dato un quadro generale e degli strumenti di ricerca. Saranno loro a scoprire quello che c’è da imparare e a creare un percorso di apprendimento personalizzato. Quello che mancava alla Montessori è il dopo e anche il come. Le informazioni sono, oggi, prettamente multimediali e digitali, quindi riutilizzabili e manipolabili con molta facilità. Quindi gli alunni, nelle classi virtuali, possono interagire anche a distanza con molte più persone di un tempo, possono accedere a grandi riserve di conoscenza (si citano Wikipedia, TED, Khan Academy, i contenuti degli editori scolastici, la produzione interna della scuola) e possono riassemblare in modo personale quanto scoperto in modo molto più potente ed efficace. Si citano gli ebook, i video, e molto altro ancora.
Il luogo dove avviene questa ricerca è la flipped classroom, come dicevo poc’anzi. Aule e luoghi progettati per laboratori formati da piccoli gruppi di studenti, dove l’insegnate ha più il ruolo di regista e di consulente che di dispensatore di conoscenza. Luoghi con attrezzature multimediali che consentono l’interazione a distanza, luoghi che consentono l’elaborazione solitaria di quanto “catturato” in rete. Quindi non più un’aula tradizionale, ma un luogo vario di insegnamento.
Dopo che gli alunni e docenti avranno assemblato quanto imparato in nuove forme multimediali, potranno condividere e discutere i lavori con i loro pari, affinare la loro conoscenza e aggiungere altro sapere al proprio bagaglio. Il processo prevede una continua evoluzione dei materiali e un continuo riutilizzo.
La scuola 2.0 non è 2.0 solo in classe, ma anche in rapporto con i genitori e con l’istituzione scolastica. Gestione delle presenze online, delle iscrizioni, dei pagamenti, degli scrutini e tanto altro. La tecnologia, secondo Ferri, potrebbe rivoluzionare anche l’interazione genitore-docente.
La tecnologia è vista, in questo contesto, come ubiquitaria e invisibile.
Concludo con alcuni dati sulla situazione italiana. Solo il 7% delle scuole è connesso a internet, contro il 100% del Regno Unito. La banda larga arriva a malapena al 50% delle famiglie con un componente fra i 16 e i 74 anni, siamo fra gli ultimi in Europa e nel mondo. Le più connesse sono le famiglie con ragazzi in età scolare: fra gli 11 e i 35 anni oltre il 75% usa internet. Manca la connettività nelle scuole, quindi, e mancano investimenti sugli insegnanti per l’utilizzo di queste nuove tecnologie. Qualcosa si sta muovendo, l’introduzione dei libri digitali procede, anche se crea paure, malumori e qualche ingiustizia. A S. Donato e dintorni vorremmo capire cosa sta succedendo. Ce la faremo?
Critiche personali:
1) Non sono stati presi in considerazione aspetti relativi alla sicurezza dei dati degli alunni. Immagino che non fosse fra gli obiettivi del trattato, ma accennarne sarebbe stato opportuno. Mettere tutto on line o on cloud pone dei problemi di riservatezza, di proprietà e di accessibilità dei dati. Può la scuola mettere tutto il suo sapere in mano a istituzioni commerciali come Google? O può creare metodi di monitoraggio della presenza degli alunni troppo invasivi? Nelle università americane si sono già verificare eccessi di controllo, con esiti anche molto spiacevoli. (tag rfid e pc controllati da remoto)
2) L’ipotesi che la tecnologia, per il solo fatto di esserci, plasmi le menti dei ragazzi e li faccia diventare nativi digitali come intende Ferri è molto azzardata. Io non la condivido. I giovani, se non hanno nessun adulto che li instrada nella direzione che immagina Ferri, non solo non vanno da nessuna parte, ma diventano facile preda di un mondo che non esiterà a sfruttarli come consumatori e cittadini.
3) E’ vero che la tecnologia consente di applicare il costruttivismo pedagogico montessoriano come mai è stato fatto prima, ma la tecnologia non è strettamente necessaria. Tutto quanto indicato da Ferri si è fatto anche prima dell’avvento delle tecnologie informatiche diffuse. E’ un metodo che lavora benissimo anche in analogico e può essere in ogni momento e in ogni scuola adottato fin da subito. (Dopo la formazione degli insegnanti, ovviamente. Quella non si può saltare.)
4) Per 39€ ci sono troppi refusi.
5) Un saggio che parla di tecnologie digitali… e la versione del saggio non esiste in ebook. Sono quelle contraddizioni che mi lasciano sempre di stucco e senza parole. Non diciamole, allora. :-)