Autrice: Giulia Blasi
Titolo: Manuale per ragazze rivoluzionarie – Perché il femminismo ci rende felici
Editore: Rizzoli
Altro: Ebook epub con DRM, ISBN: 9788858695135, 412KB, I ed. 2018, 3,99€
Voto: 4/10
Il problema della disparità di genere esiste, c’è ancora molta strada da fare e quindi questo libro sicuramente serve alla causa, ma io, già dalle prime pagine, ho avuto voglia di lanciare il libro dalla finestra. Il fatto che fosse su un ebook reader mi ha permesso di astenermi dal farlo.
Venti, venticinque anni fa, probabilmente avrei fatto mio ogni argomento della Blasi, avrebbe sicuramente smosso la mia indignazione sulle ingiustizie derivanti dalla disparità di genere. A quarantotto anni suonati ho sicuramente perso tutto il mio tratto rivoluzionario, ho cambiato approccio su molte cose anche se la disparità di genere mi tocca da vicino, a cominciare dal fatto che ho una figlia che mi dispiacerebbe vedere sottovalutata o emarginata perché donna.
I punti che mi hanno dato fastidio sono veramente tanti, il supporto non mi ha aiutato a raccogliere le idee. (Non riesco a prendere appunti sull’ebook reader, anche se tecnicamente si può. Un mio limite psicologico.) Provo comunque a dire due cose.
Il mondo viene diviso in due: il sistema di potere di stampo maschile, oppressivo – la Blasi usa il termine patriarcato – e le guerriere femministe salvatrici del mondo. Una perenne guerra, o di qui o di là. O buoni o cattivi. Ogni sfumatura e complessità viene ricondotta a bianco o nero, senza nessuno sprezzo per il ridicolo. (Veramente c’era bisogno di un paragrafo sulla depilazione femminile imposta dal patriarcato?) Le argomentazioni sono spesso assenti (si procede in modo apodittico), insufficienti, emotive (Un paragrafo sulla presenza ingombrante dei parenti a Natale.), contraddittorie. (Non bisogna attaccare le donne sul personale e si fa un capitolo intitolato “Being Carlo Calenda”? Dove ovviamente essere Calenda non è un esempio positivo. Rassicurare di non avere nulla contro Calenda come persona e che la figura di Calenda è a scopo didattico non credo assolva l’autrice.) Ho avuto l’impressione che fosse un lungo post di un blog, dove si scrive di getto, dove l’obiettivo è raccogliere e veicolare emozioni verso la causa del femminismo. Non ho avuto l’impressione di avere un manuale utile per fare la rivoluzione.
L’altro punto che la Blasi tratta è quello di accomunare tutte le lotte delle minoranze alla causa del femminismo (v. anche A cosa ci serve il femminismo) e la conseguente collocazione politica. Aumentare i diritti delle persone – e quindi il femminismo in particolare – è sicuramente una cosa di sinistra (v. Bobbio, Destra e Sinistra). Avere un programma progressista non necessariamente è una cosa di sinistra, ma la Blasi fa ricadere sotto il femminismo qualsiasi novità che scardini i poteri esistenti, portando nella società maggiore empatia, inclusione, minore competizione, diritti di tutte le minoranze e tante altre cose interessanti. Tutte cose bellissime, molte le sottoscrivo in toto, ma a un certo punto mi sono chiesto: perché usare ancora la parola femminismo? Cosa c’entrano le femmine in un programma progressista e nell’espansione dei diritti? Che i maschi non sono capaci di immaginare una società progressista, con più diritti, una società più libera e meno ingessata? Sono rimasto perplesso su questo punto.
Io spero di esserci riuscito, a dire due cose.
Buona lettura.