Mi è venuta una curiosità: cosa frulla dentro la testa di un complottista? Una brevissima ricerca in rete mi ha portato qui:
Teorie del complotto. Cosa può dirci la psicologia?
di Bruno Gabriel Salvador Casara
e qui:
Psicologia del complottismo
di Michele Mezzanotte
Citando il primo articolo: “la società in cui viviamo permette di avere accesso ad una enorme mole di dati in costante mutamento e spesso contraddittori, la possibilità di contare sempre su ragionamenti analitici semplicemente non è sempre presente” Da qui la necessità, per preservare la nostra immagine positiva e/o per paura, di farsi una teoria coerente. C’è chi si butta sulla scienza, chi sulla religione, chi sui complotti. “Rimane quindi da chiarire perché alcune persone preferiscano aderire alle teorie del complotto piuttosto che ad altre fonti.” Sul significato evolutivo del complottismo: “è invece possibile che un certo grado di sospetto verso potenziali complotti possa promuovere richieste di maggior trasparenza da parte dei gruppi che detengono il potere, sia esso politico, economico o culturale.”
Gli ingredienti del complottismo sono quindi: la percezione di un mondo caotico e ingovernabile (nella nostra società iperconnessa significa avere tanti dati a disposizione, ma contraddittori e caotici) –> paura -> necessità di uno schema semplice e rassicurante dove inquadrare i dati. Chiunque può finire in questa trappola, indipendentemente dal livello di istruzione. Le altre due “trappole” conclusive di questo schema sono la religione (magari anche laica, come la politica) e la scienza. La scienza è l’unica risposta ragionevole e che porta a qualche risultato non catastrofico, a patto che non diventi essa stessa religione o sia guidata essa stessa dalla paura. Per questo c’è bisogno di una maggiore cultura scientifica abbinata a una educazione alla complessità. Anche una società più fiduciosa in se stessa, in chi si deve occupare dei vari problemi e indicare le soluzioni, potrebbe aiutare a non vedere sempre con sospetto una soluzione a portata di mano. Affrontare i complotti è quindi un gioco sul lungo periodo.
Su come affrontare un complottista singolo, penso che prima di tutto vada riconosciuta la sua paura e il suo sgomento davanti ai tanti dati contraddittori che riceve e, con molta pazienza e senza fretta e solo a patto che voglia ascoltarci, fargli vedere che altre spiegazioni sono più coerenti e ragionevoli. Non bisogna dimenticare che il complottista, grazie ai social cosi, frequenta altri suoi simili e quindi un suo cambio di visione lo metterà in cattiva luce fra i suoi pari, generando ulteriore resistenza. Può risultare una fatica improba e bisogna valutare bene se lo sforzo porterà ragionevolmente a un cambio di visione.
Aggiornamento 29/09/2021:
Che fare con lo zio complottista?
di Massimo Polidoro
Riassunto: tanta pazienza e dialogo.