Autrice: Serena Dandini
Titolo: Il catalogo delle donne valorose
Editore: Mondadori
Altro: ISBN 9788804712442; 14,00€; I ed. 2018; p. 278; genere: biografia
Voto: 7/10
Serena Dandini ha raccolto la biografia di trentaquattro donne valorose, che in qualche modo si sono distinte per la loro intraprendenza, per il fatto di aver anticipato di molto i tempi, per essere controcorrente. Ogni donna ha dedicate poche pagine, una specie di bignami biografico e per questo l’opera si legge volentieri e velocemente. Molte storie sono drammatiche, tutte le vite sono in qualche modo straordinarie, ma voglio citarne due, che mi hanno colpito particolarmente.
Se è vero che la società occidentale (e non solo) è maschilista e ha sempre riservato alle donne un ruolo subalterno, sono molte le donne, in ogni tempo, che si sono svincolate da questo destino. Primo, perché le maglie del maschilismo sono forse meno strette di quanto si immagini, secondo perché le personalità straordinarie difficilmente si possono fermare. Ma quello che mi ha stupito è altro. Ipazia, che ha vissuto nella seconda metà del IV secolo d.c., ha avuto un padre illuminato e facoltoso, che le ha permesso di studiare. Ipazia ha risposto a questi stimoli con il suo talento e la sua personalità fuori dal comune, diventando una stimata studiosa (matematica, astronoma, filosofa), insegnante e consigliera politica. Il mondo antico, evidentemente, era pronto per un personaggio come Ipazia. Non così il nuovo potere guidato dal cristianesimo. Ipazia non solo non si è adeguata alla nuova religione di stato, ma continua ad avere una forte influenza politica e purtroppo sta con la parte perdente. Verrà lapidata nel 415 e il suo corpo smembrato e bruciato. Se questo dovrebbe essere un finale sufficientemente tragico, il peggio deve ancora venire. Ipazia sarà di fatto dimenticata, cancellata dalla storia e risorgerà, attraverso nuovi studi, solo nel 1720 e più compiutamente negli ultimi venti anni. Di lei abbiamo perso quasi tutto e abbiamo solo testimonianze terze e per di più post mortem. Valorosa, talentuosa e cancellata dalla storia. Il peggiore dei destini.
Analogo destino, in tempi più recenti, per Alice Guy. Se tutti sanno che il cinema fu inventato dai fratelli Lumière, nessuno sa che questo non è vero. I fratelli Lumière inventarono il mezzo, la cinepresa e la pellicola, ma non avevano nessuna idea di come usarla, se non per riprendere in un modo nuovo la realtà. Praticamente, secondo loro, la cinepresa serviva per fare documentari e i filmini delle vacanze. Ma ad assistere alla prima dimostrazione della novità c’è Léon Gaumont, imprenditore francese, e la sua segretaria Alcie Guy. Mentre Gaumont era disposto a tirare fuori i soldi per il nuovo giocattolo, Alice Guy ha un’idea: Ma perché non facciamo delle storie apposta per essere raccontate con la cinepresa e facciamo pagare per vederle? Sì, bella idea, Alice. Tu continui a fare la mia segretaria e come hobby ti dai a questa nuova idea, fu la risposta di Gaumont. Alice Guy non si scoraggia e inventa di sana pianta il cinema come lo conosciamo oggi: scrive le sceneggiature, fa il casting, la regista, gli effetti speciali, tutto. I suoi film diventano famosi in tutto il mondo e lei mette in piedi, nel 1910, una casa di produzione, la Solax Company. Lavorerà a circa 1000 film, prima che Hollywood e l’imprenditoria maschile la spazzerà via dal mercato. Al tempo non si usava mettere nei titoli chi aveva fatto cosa e in più lei, in quando donna, aveva ancora meno visibilità di tutti gli altri lavoratori maschili. Molte delle sue opere saranno perse e l’attribuzione corretta delle rimanenti è molto difficile, solo di una piccola parte si è riusciti a risalire al suo contributo. Ma, come Ipazia, con lei ancora in vita, la sua opera sarà sistematicamente dimenticata e misconosciuta e solo alcuni, in tempi recenti, si stanno battendo per darle la visibilità che merita nel campo del cinema.
Vi lascio ora alla lettura delle altre vite straordinarie, per non dimenticare l’altra metà del mondo.
Buona lettura!