Comunicazione col trascendente

Feci le elementari seguendo un metodo di studio sperimentale, che si discostava molto da quello canonico con il sussidiario. Io non ebbi un sussidiario, ma avevamo una mini biblioteca di classe. All’epoca c’era il maestro (maestra, nel mio caso) unico, ma le nostre cinque sezioni si scambiavano le insegnanti. Si facevano riunioni fra classi per discutere di argomenti vari. Dei lavori collettivi e individuali le insegnanti e gli alunni ciclostilavano a scuola, nel pomeriggio, (le fotocopie erano un lusso) le copie da distribuire a tutti. Ho ancora buona parte di questi fascicoli. Uno di questi ha come frontespizio [fra parentesi quadra le mie integrazioni e omissioni]:

SCUOLA ELEMENTARE STATALE DI [omissis]

IL NOSTRO 2° LIBRO DI ANTROPOLOGIA
I BISOGNI DELL’UOMO
NELLA NOSTRA SOCIETÀ

• NUTRIRE IL PROPRIO CORPO
• COSTRUIRE E UTILIZZARE STRUMENTI
• CONOSCERE
• COMUNICARE

IL CICLOSTILATO È FRUTTO DEI DIBATTITI E DEI LAVORI INDIVIDUALI E DI GRUPPO DELLE CLASSI IVC E IVE.
Ins. [omissis] [Nora] [Jole]

[AS 1979-1980]

La mia insegnante e la sua collega della sezione accanto erano dichiaratamente atee, eppure molto sensibili al tema religioso. Uno dei nostri dibattiti si è concentrato sulla “comunicazione col trascendente”, ovvero con Dio. Dall’anno scolastico e dal testo si deduce che l’incontro avvenne il 28/02/1980. Il mio intervento, mi trovate come il Comizietto verso la fine, testimonia la mia precoce propensione all’ateismo. In realtà il mio percorso religioso fu tutt’altro che lineare, ma in quell’unico intervento – avevo nove anni – è descritto il mio futuro e, come dire?, la mia filosofia di vita, quell’essere San Tommaso che deve verificare tutto, ma in modo scientifico. Non stupisce, con gli occhi di oggi, il mio aver studiato fisica.

Il testo mi sembra una bella testimonianza storica e anche per questo lo pubblico.

Ecco cosa si diceva in una classe delle elementari del 1980. Buona lettura.

COMUNICAZIONE COL TRASCENDENTE

Premessa delle insegnanti

Nell’esaminare i vari tipi di comunicazione abbiamo potuto osservare che i bambini erano molto sensibili a notare tutte le sfumature che rendevano le comunicazioni diverse le une dalle altre. Gli schemi che sono serviti da struttura di lavoro sono scaturiti dalle discussioni e si sono poi sostanziati nei lavori di gruppo e individuale che qui vengono riportati.
Abbiamo notato però l’assoluta mancanza da parte dei bambini di accenni al rapporto comunicativo con il trascendente. Un solo alunno ha parlato dell’esame di coscienza a proposito della comunicazione con se stesi, certamente influenzato dall’educazione catechistica che sta ricevendo in attesa di fare la Ia Comunione. Nessuno insomma, nonostante riceva una educazione religiosa, aveva pensato che il rapporto con “Dio” potesse costituire una forma di comunicazione di tipo particolare, come non riteneva “conoscenza” le nozioni che al riguardo gli venivano fornite.
Per favorire questo processo di autocoscienza, abbiamo stimolato con queste parole di dibattito sulla conoscenza trascendentale.
Jole: Voi, normalmente, intrattenete un tipo di rapporto e di comunicazione particolare che finora nelle discussioni non è emerso. Questa comunicazione porta ad una conoscenza che è diversa da quelle che accumulate nel modo normale. A cosa ci riferiamo?
Matteo: Alla comunicazione con Dio.
Jole: Come comunicate con Dio?
Sandro: Attraverso la preghiera.
Simona: Andando in Chiesa.
Matteo: Facendo i “bravi” e amando il prossimo.
Paola: Seguendo i comandamenti di Dio.
Jole: Quando vi capita di comunicare con Dio?
Donatella: La domenica perché è il giorno del Signore.
Rosella: quando mi trovo in difficoltà.
Valentina: Quando mi si è rotto l’orologio e speravo di ripararlo senza che la mamma se ne accorgesse. (Fulvio ha un’esperienza simile.)
Simona: la sera e la mattina.
Matteo: Tutti i giorni.
Angelo: Quando stiamo facendo catechismo.
Simona e Stefi: Quando qualche persona cara è in pericolo.
Paola: Quando temo di ricevere un castigo.
Sandro: Ho saputo che i monaci Cistercensi pregano tutto il giorno: penso che debbano avere una grande fede per farlo.
Fulvio: A me è capitato di confessare una cosa alla mamma, perché non facendolo mi sentivo di non avere la coscienza a posto né con lei, né con Dio.
Valentina: Io quando faccio qualcosa in contrasto con quello che ci insegna Dio, mi sento colpevole.
Stefi: Al catechismo insegnano che quando si riceve un’offesa, si deve porgere l’altra guancia; io a volte lo faccio, ma sono scema perché nessuno lo fa (molti sghignazzano): quando però non lo faccio, mi sento in colpa.
Jole: Da quanto ho potuto ascoltare finora devo notare che la vostra religione è piuttosto formale (cioè esteriore, che si limita ad alcune pratiche fatte più per abitudine che per altro). Mi sembra anche che sia un po’ utilitaria: cioè vene servite nel momento del bisogno.
Donatella: A proposito del perdono, io a volte lascio perdere perché non ho voglia di arrabbiarmi, altre volte però lo faccio proprio perché voglio bene a Dio.
Simona: Io trovo che Donatella, grande e grossa com’è è molto buona: potrebbe vendicarsi e non lo fa.
Nora: Voi credete in Dio perché ve l’hanno insegnato. Chi è stato il primo uomo che ha creduto in Dio? Perché l’ha fatto?
Fulvio: Perché Dio gli ha parlato.
Sandro: Perché lo ha sentito dentro di sé.
Jole: Tu lo senti qualche volta?
Sandro: Io sì veramente, quando ho commesso qualcosa in contrasto con quello che Dio ci insegna, e allora chiedo perdono. C’è anche lo “zampino” del mio pensiero a spingermi a farlo: però credo che Dio mi parli.
Volevo fare un’altra osservazione sul problema di perdonare quelli che ci prendono in giro o ci stuzzicano: ho capito che si guadagna di più a lasciar perdere perché così loro non ci provano più gusto e smettono.
Nora: Noi, parlando di Dio, pensiamo al Dio dei Comandamenti. Prima di Mosè che li ha ricevuti sul monte Sinai, gli uomini credevano lo stesso in qualcosa?
Tutti: Credevano in tanti dei (politeismo): le prime civiltà avevano dei per ogni necessità. Tutti credevano in qualcosa. (Stefi.)
Nora: questi Dei com’erano?
Sandro: Belli, forti, assomigliavano agli uomini, ma a volte a certi animali; avevano più poteri degli uomini, erano immortali e gli uomini credevano in loro come noi crediamo oggi nel nostro Dio. Erano Dei che avevano un corpo.
Jole: Anche Gesù, pur essendo Dio, è stato un uomo e quindi ha avuto il corpo che poi è stato assunto in cielo. Cosa succede nell’eucarestia[?]
Fulvio: Si mangia l’ostia che è fatta di farina, sale ed è senza lievito.
Jole: Ma la religione ti dice che dopo che è stata consacrata, l’Ostia diventa il corpo e il sangue di Gesù Cristo e quindi tu mangi il corpo di Dio.
il Comizietto: Non si è mai fatta l’analisi per vedere e diventava veramente carne e sangue di Cristo?
Simona: Per i credenti è così, anche senza analisi.
Stefi: L’Ostia è il cibo dell’anima.

(Prima di battere a macchina questa conversazione del 28 febbraio [1980], la facciamo sentire a Matteo (omissis) che era assente per conoscere anche il suo parere. Ecco quello che ci ha detto:

Matteo2: La religione non è solo un contatto con Dio quando ci fa comodo per poi dimenticarlo; non è come una scopa che si usa per spazzare e quando si ha finito si rimette nello sgabuzzino. Alla religione si deve pensare in tutte le occasioni, altrimenti non si è un buon fedele. Quindi non si deve andare in Chiesa solo la domenica o per pregare se si rompe l’orologio: si deve chiedere aiuto per noi quando ne abbiamo bisogno, ma anche per gli altri. Prego Dio anche per i doni che mi ha dato, per una bella giornata, per un evento felice, ecc.[)]
Simona: La religione per un cristiano deve essere sempre presente perché è la sua vita; invece lei (a Jole) che è atea in Chiesa ci va solo per vedere le belle cose che ci sono. Per un vero credente la Chiesa vale più della famiglia.
Jole: È vero, io vado in Chiesa ad ammirare i bei quadri o ad ascoltare della buona musica perché la religione, quando è sincera, può ispirare sentimenti molto nobili e opere d’arte che meritano d’essere conosciute. Del resto io ammiro tutte le cose belle fatte dall’uomo, sia che si tratti di un credente sia che si tratti di un non credente. Ammiro naturalmente anche la natura. È questa la mia religione: credo nell’uomo e in quello che può fare di bello e di buono, ma anche in altre cose che qui non sto a ripetervi.

L’approfondimento del tema viene rimandato ai prossimi mesi nel corso dei quali questo aspetto culturale verrà esaminato in parallelo con gli altri nel confronto fra culture diverse.

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