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Intervista a una profuga ucraina

domenica 29 Maggio 2022

Per la scuola, la Comizietta ha condotto una piccola intervista a Viktoria (nome di fantasia), profuga ucraina ospite dalle nostre parti. L’intervista è stata fatta il 27/03/2022. Nonostante Viktoria sappia l’italiano, per una migliore comprensione la Comizietta ha riscritto le risposte dalla versione orale. La pubblicazione avviene con il consenso degli interessati.

D: Da che regione dell’Ucraina venite?

R: Dalla parte più vicina alla Romania, quindi da noi adesso è più tranquillo. Il nostro paese ha reagito il prima possibile per evitare che questa guerra si spingesse oltre sul territorio ucraino e per fortuna per ora ci stiamo riuscendo.

D: cosa è successo dal vostro punto di vista? come è iniziata? vi aspettavate di ritrovarvi in una tale situazione?

R: Lo abbiamo saputo solo gli ultimi giorni, non ce lo aspettavamo. Ce ne siamo accorti soprattutto grazie a ciò che dicevano i paesi occidentali, in particolare l’America. Perché da parte dei russi sapevamo solo che stessero facendo delle esercitazioni militari. La Russia diceva che non avrebbe mai iniziato una guerra e noi le abbiamo creduto, avevamo questa speranza, ma sospettavamo qualcosa, le truppe erano davvero molte e dopo un po’ abbiamo iniziato a prepararci al peggio

D: Come vi è stata comunicata la notizia dell’inizio della guerra? Si è tentato di sminuire la gravità della cosa o si è dato l’allarme?

R: No, no, non si dicono queste cose, perché altrimenti la gente scappa subito, persino ora ci dicono che andrà tutto bene. Anche durante gli allarmi prima di un bombardamento ci dicono di nasconderci ma continuano a darci speranza dicendo che l’Ucraina è forte e sta resistendo, tra poco vinceremo. Ma forse è meglio così: in questo modo i nostri uomini che combattono hanno una spinta, uno stimolo per andare avanti; se gli si dicesse il contrario, che ormai è tutto inutile, in molti scapperebbero.

D: Qual è il clima interno all’ucraina? Sono tutti pronti a difendere il proprio paese?

R: Assolutamente si, siamo uniti e tutti pronti a combattere e a proteggere l’’Ucraina. C’è una grande solidarietà: noi non vogliamo essere russi, noi siamo ucraini, abbiamo un altro governo, altre leggi, abbiamo libertà di parola, siamo vicini all’Europa e vogliamo continuare ad esserlo. Se avessimo voluto essere russi avremmo potuto benissimo fare le valige e andarcene, ma non vogliamo, vogliamo essere ucraini, le bufale che girano ultimamente che dicono il contrario sono false. E questo sentimento è comune a tutti, anche le donne e i bambini aiutano nella resistenza: due giorni fa ho sentito di un bambino, avrà avuto 5 anni, che voleva arruolarsi assieme al padre per difendere il suo paese e aveva chiesto di essere preso nell’esercito. Ho sentito poi di una donna che dopo essersi imbattuta in un drone, uno di quelli che mandano i soldati russi per spiare la situazione oltre la frontiera, non avendo nulla tra le mani, gli ha lanciato un barattolo di cetrioli nel tentativo di distruggerlo, e ci è riuscita per fortuna! Le nostre donne sono fortissime. Aiutano persino gli uomini nel costruire le bombe molotov e sono sempre pronte a proteggere il proprio paese.

D: Come ha reagito il popolo ucraino alla presa della Crimea?

R: Personalmente credo che avremmo dovuto accorgerci prima della minaccia che rappresentava la Russia dopo la presa della Crimea. Non essendoci state ribellioni così forti come adesso Putin si è messo in testa di poter andare oltre nella sua mania di conquista. Alcuni dicono che quella parte del
nostro paese non si sia ribellata così tanto perché si sentiva più vicina al popolo russo che a quello ucraino, ma io non posso saperlo, non ci sono stata e ho parenti lì.

D: Com’è stato arrivare in Italia? Vi siete sentiti aiutati dal resto del mondo?

R: Certo, assolutamente si. Tutto il mondo si è unito dalla nostra parte e l’Ucraina sente questo aiuto, questa vicinanza. Anche i profughi che scappano si sentono accolti ovunque, nessun paese ti dice di tornare da dove sei venuto, anche se molti non si spostano poi così lontano dall’Ucraina: per una questione di comodità la maggior parte va in Polonia e in Romania dai propri parenti. Io ho scelto di venire qui perché ho alcuni parenti in Italia e ci sono già stata per lavoro, è l’unico paese che conosco oltre l’Ucraina. Anche se so da alcune persone che andare in posti come la Polonia sia molto comodo siccome lo stato si sta mobilitando anche militarmente per aiutarci, fornisce soldi al nostro paese, ti aiuta a cercare un posto di lavoro quando arrivi e ti aiuta in tutti i modi. Per quanto mi riguarda, anche a prescindere dalla guerra, avevo intenzione di venire qui in Italia per lavorare, ma ho dovuto anticipare tutto, non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Stavo imparando la lingua per conto mio in modo tale da potermi trasferire qui tra tre anni, avrei anche voluto racimolare un po’ di soldi per riuscire ad essere indipendente anche dal punto di vista economico e riuscire a mettere in regola i documenti, ma in questi mesi non ho avuto scelta.

D: Che conseguenze porterà secondo te questo conflitto?

R: Sia io che le persone che conosco siamo convinti del fatto che Putin sia un malato psichiatrico, non sta bene psicologicamente, e questo ci impedisce di fare previsioni: è una persona del tutto imprevedibile e fuori controllo. Si tratta di una persona che non prova empatia né pietà per tutte le persone che hanno perso la vita, per tutti i bambini rimasti orfani, o peggio ancora uccisi dai suoi bombardamenti. Ho sentito di recente la storia di un insegnante che dovendo scappare da un bombardamento capitato in una scuola si è ritrovato davanti una bambina in lacrime ferma davanti ai corpi dei genitori morti ed è stato costretto a prenderla con sé. Una persona che crea tale distruzione senza preoccuparsene non sta bene: finché si bombardano gli aeroporti, le stazioni militari o le forze belliche avversarie è un conto, ma quando si passa ad una tale brutalità, uccidendo civili, bambini, persone indifese vuol dire che si è perso il controllo. Quindi trovo pressoché impossibile fare previsioni su questa situazione, stiamo parlando di una persona che non sa quando fermarsi.

D: la popolazione ucraina e quella russa sono molto legate dal punto di vista culturale: come si vivono i rapporti con le persone russe magari all’interno delle famiglie?

R: Noi ucraini non portiamo rancore verso i russi: io odio Putin, non il suo popolo. Per quanto questa situazione sia orribile capisco che quelle persone siano costantemente bombardate da propaganda falsa, che vede l’occidente come un nemico da sconfiggere, sono vittime anche loro alla fine. Poi ci sono anche quelli che nonostante tutto decidono di informarsi ma non riescono a far sentire la loro voce, per loro non è facile manifestare, vengono arrestati, e capisco che alcuni non vogliano correre questo rischio per proteggere se stessi e la loro famiglia. Quindi il popolo russo, sia che decida di combattere il suo governo sia che non possa o non voglia farlo, ha la mia comprensione. Non dirò mai di odiare il popolo russo: abbiamo una lingua simile, abbiamo culture simili e siamo persino simili fisicamente, non li vedo come un nemico anzi, credo e spero che riusciranno anche loro a ribellarsi a questo governo ingiusto.
Poi c’è anche da considerare che tipo di informazioni fa arrivare Putin all’interno del suo paese. Tutto è iniziato qualche tempo fa quando ci sono state alcune proteste in Ucraina a causa di un governo non particolarmente buono, il presidente del tempo non aveva il consenso di molte persone, ma le manifestazioni erano pacifiche, prive di violenza. Ma Putin ha capito il contrario; o meglio, ha aspettato questa occasione, ha atteso il momento buono per iniziare a perpetuare la sua propaganda secondo cui gli ucraini sono infelici e vanno “salvati”. Noi eravamo infelici certo, per questo stavamo manifestando come nostro diritto, ma erano questioni nostre ed erano gestite in modo pacifico: il nostro paese non ama il conflitto, siamo persone solidali, pacifiche e stava andando tutto bene ma a lui serviva un pretesto. Non mi stupirei se facesse la stessa cosa anche con altri paesi

(C) 2022 – LaComizietta – Tutti i diritti riservati.

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Trucco e parrucco

venerdì 24 aprile 2020

Ieri sera, dopo una giornata davanti al monitor, avevo l’occhio sinistro che sembrava quello di Sauron. Soffro della patologia dell’occhio secco e quando è la giornata no vivo con la sabbia negli occhi. Non è una bella cosa. Quindi, dopo il lavoro, niente TV. (TV inteso come apparecchio per servizi di streaming e DVD, che la TV inteso come “canali TV” non la guardiamo mai.)

La Comizietta si apprestava a visionare tutti i nuovi video di YouTube in solitudine e non mi sembrava il caso.

– Figlia, facciamo qualcosa insieme che non sia guardare la TV? Che so, chiacchierare, sentire musica, magari sentiamo un podcast di Delmastro o Barbero.
Provocazione stronza, so che non le interessano, anzi odia queste cose perché interessano a me.
– Papi, sai che ti voglio bene, ma in questo periodo mi stai molto sulle palle. Sempre te, solo te, ormai so già cosa mi rispondi a ogni cosa.
– Comizietta, hai ragione. Pensa, che pur essendo la mia figlia preferita, anche io ti vorrei strangolare in questo periodo. Mi dispiace molto che dobbiamo convivere forzatamente. Ma su, prova a chiedermi qualcosa, vediamo se rispondo in modo diverso.
– Cosa mi dici di uozzapp?
Stronza. Lei sa che lo odio.
– Vabbè ma così non vale. Facciamo un altro tema.
– Come era Einstein?
E ride. Sa che il tormentone di casa prevede che io risponda “Un grande, virgola, un grandissimo!”
– Su, un argomento nuovo!
Esasperata:
– Ma abbiamo già parlato di tutto! E poi mi dà fastidio che tu abbia sempre ragione!
– Perché sono…
– Sei un padre meraviglioso, ma anche che due palle!
E incazzata va in camera sua a prendere una parrucca per un cosplay.
– Cosa fai?
– Provo a fare una acconciatura a questa parrucca, per farla uguale al personaggio.
Vedo che cerca di sistemarla su un pupazzetto di stoffa, ma non ci riesce.
– Hai bisogno di aiuto?
– Ci vorrebbe qualcuno su cui mettere questa parrucca.
– Beh, ci sono io, no?
E quindi sono stato venti minuti con una parrucca rossa in testa, mentre lei la tagliava e sistemava.
La Comizietta è stata piacevolmente stupita dal mio aiuto, che sa quanto poco mi piaccia travestirmi e il mondo del trucco e parrucco. Ma del resto dovevo solo dare il mio crapone come appoggio. Nulla di più.
Facevo ridere con la parrucca e la mia faccia da koala (rif. Sheldon Cooper).

– Non me lo aspettavo, Papi! Le mie amiche chiedono una tua foto.
– NO, LA FOTO NO!
Che tutto ha un limite.

Poi, prima di dormire, al posto di stare davanti al tablet per cose più o meno intelligenti da vedere o leggere, mi sono sentito la musica come non facevo da molto tempo. È stato molto bello e rilassante. Perché non farlo più spesso?

La città fantasma

lunedì 16 marzo 2020

La settimana scorsa la Comizietta doveva fare un compito di italiano: trasformare un articolo di giornale in un racconto. Il link all’articolo di giornale lo metto in calce. Il racconto è venuto bene e ve lo propino:

Erano le 5 del mattino; eravamo stati svegliati nel cuore della notte, dopo che erano riusciti a localizzare quella donna sparita ormai da due giorni.

Da quattro ore ormai stavamo facendo la posta a quell’edificio.

Dovevamo solo aspettare che qualcuno uscisse per riuscire a contrattare e avere indietro l’ostaggio. Ma da un’ora ormai non giungevano più notizie dall’interno, nonostante uno della squadra fosse entrato come patteggiatore.

Io e Max eravamo nascosti dietro il muretto che circondava l’abitazione accovacciati sull’erba fredda e umida. Le gambe ormai iniziavano a tremare, il cuore batteva talmente forte che quasi pregavo che non ci facesse scoprire, ogni respiro era controllato, ogni muscolo teso. Nei film ovviamente queste cose non si vedono mai, ma un giubbotto antiproiettile con la scritta FBI sulla schiena non ti sottrae alla paura, rimani umano in ogni caso e io, quel giorno ero umano, quel giorno avevo paura.

Il sonno si faceva sentire, ma i mesi di allenamento bastavano per superarlo. Vedevo Max alla mia destra, sembrava a tratti più provato di me, ma nonostante tutto l’idea di non essere solo era fondamentale per non impazzire del tutto e scappare urlando. Ero consapevole della situazione, ma l’ansia di quella notte era simulata alla perfezione; il fatto di essere con qualcuno era come se mi desse stabilità: non potevo scappare, non potevo avere paura, avevo qualcuno che aveva bisogno di me e un compagno che dovevo supportare con la mia presenza.

La pistola giaceva fredda nelle mie mani, ore vicino al mio corpo non erano bastate a scaldarla: per ironia della sorte quello strumento era immune al calore umano. Continuavamo a fissare quella finestra illuminata: sebbene fosse passata un’ ora dall’ultimo movimento percepito, sebbene il nostro infiltrato continuasse a comunicare con la centrale, sebbene sapessimo che sia lui che l’ostaggio erano ancora in vita, nonostante fosse solo una questione di tempo, in ogni caso, osservavamo quella casa come se ore di attesa non ci avessero confermato che era solo una prova di resistenza. Come capita molto spesso, quando si fissa per lungo tempo qualcosa, senza distogliere lo sguardo, anche solo per pochi secondi, la cosa in questione inizia ad apparirti strana o addirittura inizi ad avere leggere allucinazioni, a percepirla storta o con colori differenti; ecco se si somma questo fenomeno naturale al buio, allo stress e alla mancanza di sonno il risultato fu nel mio caso vedere una normalissima finestra diventare da bluastra a violacea, con contorni sfocati e leggermente pendente verso destra.

Quando percepii una voce dal mio auricolare mi svegliai con un tremito da quel sogno ad occhi aperti.

Il patteggiatore sembrava essere stato sparato ad una gamba dal delinquente che tentava di scappare. Era in vita, ma se non fossimo intervenuti lui sarebbe velocemente morto dissanguato, tuttavia la squadra di soccorso non poteva intervenire con un pazzo armato nella stessa stanza del ferito. Dovevamo allontanare l’uomo: non troppo da farlo scappare, abbastanza da far entrare la squadra di pronto soccorso. In fretta. Gli ordini erano di circondare la villetta, così da permettere ad alcuni di entrare, far uscire l’uomo armato insieme all’ostaggio e consentire agli aiuti di intervenire.

Io e Max eravamo i più vicini alla porta. Io e Max dovevamo entrare.

Il cuore mi saltò in gola. Costeggiando il muro ci avvicinammo alla porta, io davanti con Max dietro la schiena, con la pistola che precedeva ogni nostro sguardo, ogni nostro passo.

Bussai con l’avambraccio per assicurarmi che la porta fosse chiusa, per poi aprirla, sfondandola con la testa d’ariete. Il respiro si faceva veloce e sentivo l’adrenalina invadermi il corpo, dai piedi fino alla punta delle dita. La porta si spalancò con con gran fracasso e solo in quel momento realizzai quanto fossi stato in silenzio sino a quel momento. Quando entrai puntai la pistola avanti e Max mi fu di fianco. Davanti all’uscio vi era un piccolo corridoio che terminava con un armadio alla cui destra c’era una stanza, la porta era aperta e la luce era accesa. Il fascio di luce ci guidò fino all’entrata. Eravamo rasenti al muro con la pistola all’altezza delle cosce, tenuta da entrambe le mani, che questa volta però non tremavano affatto.

Entrammo insieme.

Trovammo il membro della nostra squadra seduto poco distante dalla porta: schiena al muro, si teneva la gamba premuta sul petto con un braccio, con l’altro puntava la pistola. Perdeva molto sangue.

L’uomo era in un angolo, con le spalle davanti all’unica finestra nella piccola stanza. La ragazza era in ginocchio davanti a lui. Aveva la bocca fasciata con uno straccio e una sporca maglia bianca che le faceva da vestito. Era gracile, una figura sottile i cui occhi gridavano e piangevano. Dal naso colava del sangue a dalla bocca uscivano lamenti soffocati.

Con una mano l’uomo la teneva per i capelli, con l’altra le puntava la pistola alla tempia.

Sapevo che non avrei avuto nessuno sulla coscienza, eppure, per un attimo, il mio stomaco si ridusse a una noce.

Lo sguardo del delinquente era fisso, con gli occhi sgranati e un lieve sorriso, che esprimeva un misto tra paura ed eccitazione. Abbassammo le armi e mentre Max gli parlava e fingeva di volersi avvicinare io comunicai la situazione dall’auricolare, coperto dal casco. Passò un interminabile minuto.

All’improvviso un proiettile bucò il vetro, per colpire il braccio del malvivente.

L’uomo mollò la ragazza afferrandosi l’arto con la mano e cadde a terra urlando e stringendo i denti.

La ragazza ci corse in contro. Tremava e quando si afferrò al giubbotto antiproiettile non potei fare a meno di abbracciarla, scomparve per un attimo, piccola com’era tra le mie braccia.

Max corse verso l’uomo e gli mise le manette mentre i soccorsi entravano per portare via l’uomo, ancora cosciente.

Era finita.

L’esercitazione era finita.

L’alba era sorta su Hogan’s Alley, città fantasma.

Tutti ci sorridemmo all’interno della stanza, “esercitazione completata, avete fatto un buon lavoro ragazzi”, questo mi risuonò nelle orecchie, con mio grande sollievo.

Da anni avevo studiato all’accademia vicina, per mesi mi ero allenato in palestra e finalmente ero riuscito a partecipare alle famose simulazioni di Hogan’s Alley.

Si tratta di un quartiere costruito nel 1987 con l’aiuto di numerosi sceneggiatori di Hollywood appositamente per l’allenamento delle forze speciali. Attori e attrici si prestano per interpretare passanti, vittime, ostaggi e delinquenti per simulare scene plausibili che richiedono l’intervento delle forze speciali.

Salutai i miei colleghi che si allontanavano per fare colazione, rimasi solo nella stanza.

Sorrisi al sole che stava sorgendo su quella fredda mattina di marzo: quella vita salvata, quell’abbraccio, quei gesti eroici tanto sognati da bambino, forse, un giorno, sarebbero diventati reali.

(C)2020 LaComizietta – Tutti i diritti riservati.

Articolo originale:
Questo quartiere non esiste
Hogan’s Alley è stato costruito dall’FBI per addestrare i suoi agenti: si trova a Quantico, in Virginia, ed è parecchio strano

LGBTQIZKJYeccetera

lunedì 30 dicembre 2019

Ieri sera Lacomizietta mi leggeva questo articolo su ilPost:

Cosa vuol dire LGBTQI
Fino a LGBT arrivano quasi tutti (ma siete sicuri?), dopo le cose diventano più complesse: e ci sono attivisti che vorrebbero allungarla ancora

e gli faceva le pulci e mi sciorinava sigle e definizioni legate alla sessualità. Al che ho pensato che, volendo descrivere con precisione tassonomica tutto questo variegato mondo, le lettere della sigla dovrebbero essere circa 45. Abbiamo convenuto che LGBTQ+, o anche LGBT+, da usare per motivi storici, sarebbe più che sufficiente per indicare questo variopinto mondo delle possibilità nel mondo del sesso. Anzi, a bene vedere la cosiddetta normalità, eterosessuale e binaria, ha anch’essa molte sfumature. Inoltre l’obiettivo di tanto sforzo dovrebbe essere, in un mondo ideale, assolutamente inutile: uno non dovrebbe aver bisogno di essere incasellato e giudicato per come vive la propria sessualità. Vedremo come andrà a finire.

La politica

mercoledì 6 novembre 2019

Quando nacque Lacomizietta concordai con la madre che io mi sarei occupato della sua educazione politica. Avevo idea che sarebbe stato difficile, non avevo idea a cosa sarei andato incontro.

Proprio in questi giorni la figlia è incappata nella parodia di un comizio di una nota politica che usa photoshop e così è voluta andare a vedere il comizio originale, perché lei è del partito “San Tommaso”, “controlliamo di persona”. Ne è rimasta (per fortuna) scandalizzata, ma con alcune domande che mi ha chiesto di chiarire.

E così, al termine di una giornata piena di emozioni impegnative, mi sono sciroppato venti minuti di un comizio di estrema destra e ho dovuto spiegarne alcuni passaggi. Non è stato facile, ecco.

Pensando fra me e me, mi sono reso conto che, attualmente, un bel comizio politico è difficile sentirlo, indipendentemente dalla parte di provenienza. E quando raramente capita, ne risente spesso la coerenza, che con la giusta opportunità tutti possiamo diventare grandi statisti, ma è nella pratica politica che si misurano i grandi politici dagli opportunisti. Lacomizietta, leggendomi nella mente, mi ha chiesto: “Ma tu come fai a scegliere chi votare?” Ho iniziato a piangere.

De gustibus /30

domenica 4 agosto 2019

La colazione di oggi de Lacomizietta: pane, Nutella e pecorino.

De gustibus /29

domenica 19 Maggio 2019

Colazione de Lacomizietta: grosso panino con prosciutto crudo e marmellata ai frutti di bosco.

Cappuccetto rosso

sabato 30 marzo 2019

Questo pomeriggio è successa una cosa bella.

Questo pomeriggio Lacomizietta, come un cappuccetto rosso qualsiasi, stava tornando a casa da sola con in mano un sacchetto di pane fatto dalla nonna. La strada prevede di passare in un parco con delle panchine. In una di queste un vecchietto le chiede se ha da mangiare. Lacomizietta, soprappensiero, gli dice no e tira dritto. Arrivata a casa si accorge del pane che aveva in mano, ne taglia due fette, prepara un panino col prosciutto, prende una bottiglia d’acqua e porta il tutto al signore sulla panchina, che accetta. Nessun lupo la mangia e rientra a casa.

Sono molto fiero di lei.

Neve

lunedì 24 settembre 2018

Neve.
Cade senza farsi male, pare sia trasparente ma acceca, è ghiaccio ma può sciogliersi, un fiocco di neve è fragile da solo, fragile e raffinato ma può dar vita a una valanga, travolgere e seppellire. La neve che fa riaffiorare i ricordi, il vento che riempie i polmoni. La montagna che si erge nobile e fiera, che avvolge la valle in un caldo abbraccio. Il cielo è azzurro, un azzurro che sfida quello dell’oceano. Le punte aguzze degli alberi spiccano tra le forme sinuose della neve. Tutto pare un sogno fino a che tua mamma non si affaccia al balcone rompendoti le palle pur di non farti prendere freddo.

(C) 2018 Lacomizietta – Tutti i diritti riservati.

La Festa del Papà

lunedì 19 marzo 2018

Oggi Lacomizietta ha scritto una pagina per la festa del papà. Ho dello zucchero in un occhio.

Mio papà, mio padre, papi… Tanti nomi, soprannomi, nomignoli affettuosi, talvolta brutti, per chiamare una sola persona. Quella che ci accompagna fin da quando siamo nati, che spesso ci fa arrabbiare e… no! Non è la classica frase dei temi sdolcinati che finisce con “però in fondo…”, no! A volte ci fanno davvero arrabbiare. Ma bisogna capirli! Come farebbero sennò a vendicarsi di tutte le notti in bianco passate a cullarci pazientemente per farci addormentare? Scherzo, ovviamente.

Il papà è quel tipo di persona in grado di farci sentire al sicuro in ogni occasione, un amico fidato, solidale e che non smetterà mai di accompagnarci quando ne avremo bisogno nei percorsi difficili. E anche quando impariamo a camminare da soli è sempre lì, a guardarci da lontano pronto ad aiutarci se cadiamo e a incoraggiarci se vogliamo correre.

Buona Festa del Papà a tutti i padri del mondo!

PS: non piangete troppo quando impareremo a volare da soli.