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“Outsourcing, parola inglese traducibile letteralmente come “approvvigionamento esterno”, è termine usato in economia per riferirsi genericamente alle pratiche adottate dalle imprese di esternalizzare alcune fasi del processo produttivo, cioè ricorrere ad altre imprese per il loro svolgimento.”
E’ ovvio che, se sono un supermercato, esternalizzo le pulizie del locale. Ma se sono un operatore telefonico, posso esternalizzare un call center o gli informatici che hanno in mano tutta la rete telefonica? Un supermercato potrebbe esternalizzare le cassiere o i magazzinieri? (Ditemi che non lo fanno già!) La ragione dice: NO! Ma nel mondo dell’informatica e della tecnologia esternalizzare è la regola aurea. Ad ogni costo, qualsiasi cosa. (Cisco è solo un esempio http://www.strategy-business.com/press/16635507/19984)
Questa esternalizzazione selvaggia porta due conseguenze: i propri affari li controllano altri, i propri affari sono fatti male. Gia’, perchè con la mania di esternalizzare, nell’Azienda A non c’è piu’ nessuno che controlla cosa fanno le aziende B-Z. Anche i lavori più idioti coinvolgono 10 società diverse, con conseguenti disguidi, ritardi e problemi vari.
Questo sistema alimenta il lavoro precario: alla fine della catena di outsourcing, qualcuno le mani se le deve sporcare. E chi, se non il precario dell’Azienda Z, ultima nella catena della follia? Inoltre disincentiva ogni investimento formativo: la piccola azienda che fa il lavoro non investe mica in formazione (non le conviene) e la grande esternalizza. (Quante volte sono stato nominato Esperto su cose a me oscure!) Poi qualcuno si chiede perché non ci sono tecnici in certi settori. (Cercare su google per credere).
Un’ultima cosa: il lavoratore esterno non ha nessun legame “affettivo” con l’azienda cliente. E’ anche probabile che starà lì solo un giorno, che sia molto lontano da casa e non vedrà riconosciuta la qualità del suo lavoro. E’ possibile dare il meglio in queste condizioni?
ilcomiziante