Dopo l’articolo con la notizia, visto anche il dibattito scaturito fra i genitori, mi sento di continuare il comizio.
Molti pensano che la casa editrice, in pratica, non utilizzerà affatto la visita dei bambini per fare cose turpi. Al massimo ci scapperà un articolo di giornale. Lo penso anche io. E non è neanche vero che sono un talebano della riservatezza, visto che qui, con wordpress, ho sottoscritto un accordo simile a quello della casa editrice (Solo che non gli ho dato anche il mio numero di scarpe…). Si ci sono delle differenze, ma lo spirito è lo stesso: noi siamo la merce.
Il punto è che la liberatoria della casa editrice è una questione sociale e politica che è alla nostra portate e può essere – e deve essere – affrontata, se non altro perché mette in gioco i minori che avrebbero bisogno di più tutele.
Sono anni, ormai, che mi interesso, da dilettante, alla tematica della privacy e mi diverto (si fa per dire) a leggere i papiri legali dei vari servizi on line che usiamo tutti i giorni; mi diverto a leggere saggi pallosissimi sul tema, anche in inglese. Come dicevo sopra, sottoscrizioni analoghe, di rinuncia della nostra riservatezza in cambio di un servizio, le approviamo tutti i giorni; a volte le approviamo anche per cose che paghiamo. Basta che leggiate le regole di privacy di Microsoft, Facebook, Twitter, Google (Android e Gmail), Yahoo, Apple, eccetera. Scorpirete cose interessanti. Pure gli Stati democratici, quello USA è solo il più eclatante perché ampiamente documentato grazie a Snowden, ma è in ottima compagnia, in nome dell’anti-terrorismo non si fanno scrupolo di fare intercettazioni di massa, sia dei bit che della carta. Senza risolvere il problema del terrorismo, ovviamente, un crimine che imperversa tutt’ora senza problemi.
Vengo al punto. Quello che sta accadendo in questi anni è una mutazione culturale e sociale notevole: in cambio del monitoraggio massivo delle nostre abitudini, riceviamo servizi più o meno gratuiti, anti-terrosimo compreso. Ma non sono gratuiti veramente, perché grazie a questo monitoraggio massivo le società che lo gestiscono guadagnano e noi perdiamo dignità. Con i nostri dati vendono altri servizi e altri beni, fanno pubblicità. La nostra rubrica telefonica vale 30 euro. Il vostro account facebook vale circa 100 dollari (nel 2011). Il mio blog più o meno una cifra analoga, statisticamente parlando. Gli Stati, con lo spionaggio massivo, guadagnano in termini politici e nelle relazioni internazionali.
Stiamo calando le braghe su tutto per avere servizi che ci appaiono gratuiti, ma che non lo sono.
La casa editrice si porta avanti e porta alle estreme conseguenze questa pratica. Fa un’operazione culturale come questa, ma al contrario: “se ci cascano continuiamo e stiamo zitti. Un domani potremo far sottoscrivere a tutti clausole capestro senza nessun limite che potremo usare quando vorremo.“
Questo evento, che di per se è una goccia nel mare, può essere contrastato facilmente, anche perché le richieste della casa editrice sono palesemente sproporzionate all’evento e al servizio reso e coinvolge minori, che non hanno nessuna colpa per l’idiozia del mondo degli adulti. Per questo mi scaldo tanto e penso valga la pena scrivere due righe di protesta. Voglio mandare un segnale inverso. “Non siamo disposti sempre e comunque a calare le braghe su tutto. Sappiamo quel che firmiamo.“