A quelli che c’è bisogno di un cambiamento, così com’è non va bene, se non cambiamo l’Europa/il Governo/la Mamma ci sgridano, se non cambiamo la Costituzione l’economia andrà a rotoli, voto SI/NO perché tizio vota NO/SI, ma alcune cose nella riforma Renzi (Boschi) sono giuste; a tutti questi dico che state sbagliando tanto.
Che i cambiamenti siano necessari è lapalissiano. Meno facile stabilire invece quali siano quelli necessari.
La Costituzione non è una legge qualsiasi. È la legge su cui si basano tutte le altre e cambiarla non deve (dovrebbe) essere così facile. Un cambiamento della Costituzione quindi non può essere legato a situazioni contingenti: l’economia, l’instabilità politica o altro. Deve riguardare il futuro lontano, deve dare le basi per fare le leggi che consentano di gestire le contingenze, il nuovo testo deve essere semplice e non lasciare adito a libere interpretazioni, fin dove è umanamente possibile. Per questo un suo cambiamento deve avere l’appoggio di una maggioranza forte, almeno i 2/3, e non il 50% +1 come le altre leggi. Altrimenti un referendum si rende quasi imprescindibile e rischia di spaccare l’elettorato su questioni molto tecniche che richiedono molta lungimiranza.
Cosa ha scelto di fare il governo Renzi? (Neanche la maggioranza parlamentare ha proposto la riforma. Il Governo ci ha messo sopra il suo bollino. È compito del Governo proporre cambiamenti costituzionali?) Di puntare tutto sulla voglia di cambiamento, sulla falsa soluzione di falsi mali della politica (i suoi costi e la velocità dell’operato del governo e del parlamento) e di personalizzare la sfida, ripensandoci poi a seconda dei sondaggi. Ha cambiato il testo in forme non facili, ha mischiato, nella stessa riforma, cose ragionevoli (l’abolizione del CNEL) e altre molto meno. (Mischiare cose buone e meno buone è la nuova tendenza per fare digerire tutto a molti.) Non è riuscito poi a trovare una maggioranza dei 2/3 per blindare il cambiamento, segno che non si è preso il tempo necessario per le dovute mediazioni e ora punta a dividere l’elettorato.
C’è poi la questione dell’abolizione – de facto – del Senato. Mi ricorda tanto il piano eversivo della loggia massonica P2: indebolire i meccanismi di controllo e di contrappesi del potere per dare più decisionismo all’attività politica e dare poi la possibilità a una ristretta oligarchia di fare i cavoli propri. Il decisionismo del potere politico è il tema del comizio di oggi di Scalfarotto. L’obiettivo è quello di avere un Governo – un Parlamento e nessuno che rompa le balle. Se è questo l’obiettivo, allora no, grazie.
Anche io pensavo fosse un valore velocizzare le decisioni politiche. Ora non lo penso più. Negli anno 90 sembrava che cambiare il modo di eleggere i deputati e i senatori si sarebbe risolto tutto. Non si è risolto nulla, si è solo ristretto a pochi attori le magagne di un tempo. I cambiamenti erano necessari, ma quelli attuati non erano quelli giusti.
Già la commissione di Tina Anselmi aveva indicato una via per le riforme: trasparenza e responsabilità. Si è scelta la via della semplificazione delle strutture e l’opacità del testo costituzionale. Si è preferito dimenticare le esperienze storiche.
Con queste premesse non mi sono nemmeno cimentato in una analisi tecnica del contenuto della riforma. Ero certo che si trattava di una grande operazione di markètting volta ad ottenere un vantaggio contingente e un indebolimento della struttura dello Stato per successive arrampicate di potere. (Geniale il titolo della legge da proporre nella scheda, bisogna dare atto a Renzi della cosa.)
Poi Maurizio Codogno si è messo a guardare i dettagli e quello che ha scritto mi basta e avanza.
Il mio NO, al prossimo referendum costituzionale, sarà convinto.